Calamity by Brandon Sanderson

Calamity by Brandon Sanderson

autore:Brandon Sanderson [Sanderson, Brandon]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fanucci
pubblicato: 2016-09-07T16:00:00+00:00


25

«Be’, sì,» mi disse Edmund al cellulare «ora che ci penso, mi è successa una cosa del genere.»

«Parlamene» dissi impaziente.

Portavo il cellulare attaccato al mio giubbetto sulla spalla, l’auricolare all’orecchio, mentre mettevo assieme delle cose per la missione di stanotte. Ero da solo in una stanza del nostro nuovo rifugio temporaneo. Erano passati cinque giorni dalla cattura di Tia e ci eravamo trasferiti come programmato. Avevo parlato a Cody di usare le caverne sotto la città, ma alla fine avevamo deciso che non erano state esplorate a sufficienza e potevano essere instabili.

Invece avevamo usato una delle sue proposte, un luogo segreto sotto il ponte di un parco. Per quanto fossi impaziente di arrivare da Tia, non eravamo stati in grado di muoverci immediatamente. Ci era servito tempo per sistemarci in un posto nuovo ed esercitarci. Inoltre, il piano di Tia richiedeva che ci fosse una festa nella Torre a punta, e la prima era stanotte. Dovevamo sperare che lei fosse riuscita a resistere.

«Devono essere stati... uhm, due o tre anni fa, ormai» riprese Edmund. «I miei padroni precedenti avevano detto a Steelheart che i cani erano il mio punto debole. Ogni tanto lui mi rinchiudeva assieme a loro. Ma non per una punizione specifica. Non sono mai riuscito a capirlo. Sembrava a casaccio.»

«Voleva che tu avessi paura di lui» dissi, esaminando il contenuto di uno zaino e spuntando le cose dalla mia lista. «Sei così misurato, Edmund. A volte sembra che tu non abbia paura di nulla. Probabilmente lo preoccupavi.»

«Oh, sì che ho paura» rispose lui. «Sono una formica tra i giganti, David! Non sono affatto una minaccia.»

Quello non avrebbe avuto importanza per Steelheart. Aveva tenuto Newcago ammantata in un’oscurità e in una notte perenne, tutto per assicurarsi che la sua gente vivesse nella paura. Il suo secondo nome era stato Paranoia. Tranne il fatto che aveva solo un nome – Steelheart –, perciò Paranoia era stato più come un cognome per lui.

«Be’,» continuò Edmund sulla linea «mi rinchiudeva con dei cani. Cani rabbiosi, terribili. Io mi rannicchiavo contro il muro e piangevo. Non sembrava mai migliorare, anzi forse peggiorava perfino.»

«Avevi paura dei cani.»

«E perché non avrei dovuto averne?» disse. «Negavano i miei poteri. Mi rovinavano, mi trasformavano in un uomo comune.»

Mi accigliai, chiudendo la cerniera dello zaino e poi togliendo dalla spalla il cellulare per poter guardare lo schermo e vedere Edmund, un uomo anziano con la pelle bruna e un debole accento indiano.

«Tu davi comunque via i tuoi poteri, Edmund» dissi. «Sei un donatore. Perché essere privo di poteri ti infastidiva?»

«Ah, ma il mio valore per gli altri mi ha permesso di vivere nel lusso e relativamente in pace, mentre altri uomini muoiono di fame e si arrabattano per vivere. I miei poteri mi rendono importante, David. Perderli mi terrorizzava.»

«I cani ti terrorizzavano, Edmund.»

«È quello che ho detto.»

«Sì, ma potresti esserti sbagliato sulla causa. E se non avessi avuto paura dei cani perché negavano i tuoi poteri? E se avessero negato i tuoi poteri perché avevi paura di loro?»

Edmund distolse lo sguardo.



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